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Il mito e la fiaba

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Il mito e la fiaba

Quali sono i meccanismi psicologici che accomunano il mito e la fiaba?

Il termine mito deriva direttamente dal termine greco mythos e sta a significare “parola”, “notizia”, “novella”. Successivamente con la comparsa di un altro tipo di racconto o discorso chiamato logos, caratterizzato dall’argomentazione razionale, la narrazione mitica assume il carattere fabulatorio di “leggenda”, “fabula”, “fola”.

Il mito ha in comune con il logos l’intento di conoscere e spiegare il mondo, rappresentano, pertanto, due modi diversi di perseguire la verità.

Il mito parte da una realtà interiore e soggettiva, proiettata verso l’esterno e reificata nella forma di potenze divine che agiscono sulla base dei comportamenti umani.

La narrazione mitica non è altro che la soggettivazione della realtà esterna e l’oggettivazione del mondo interiore.

Per effetto di questa saldatura il mito si risolve nella visione collettiva del mondo.

Sigmund Freud ritiene che il mito abbia le sue radici profonde nella proiezione dei contenuti dell’inconscio, per cui ogni mito è spiegabile e riconducibile ad aspetti più o meno patologici della vita psichica dell’uomo antico e moderno.

Per Carl Gustav Jung il mito è espressione concreta e sensibile di una struttura atemporale dell’inconscio dell’uomo, l’ archetipo; pertanto esso non va spiegato, ma compreso, nel suo significato simbolico, ed ascoltato, perché in esso la psiche si racconta e si narra.

La fiaba è un racconto dove vengono proiettati sia i desideri che le ansie più segrete. Mentre i desideri trovano una loro realizzazione attraverso l’elemento magico e l’intraprendenza del protagonista, le paure e le ansie vengono man mano elaborate e superate con l’annientamento, fisico e psichico, del personaggio cattivo.

Distinguiamo tra fiaba e favola.

La favola ha per protagonisti gli animali, ha una funzione moralistica e precettistica in cui si enfatizzano le punizioni cui va incontro chi trasgredisce le regole morali, sociali e religiose di cui il racconto si fa portavoce, mentre la fiaba privilegia l’affermazione individuale, e quindi la divergenza e l’autodeterminazione, contro i valori collettivi di obbedienza propri della favola.

Le ansie, le paure e le angosce infantili nel racconto trovano una soluzione positiva e rassicurante, che, invece, secondo gli psicoanalisti infantili, verrebbero alimentate attraverso le favole.

Se nel mito i modelli fondamentali della psiche vengono rivestite dagli elementi culturali, le fiabe riflettono più chiaramente il funzionamento psichico.

In questo lavoro, intitolato “Braccio di Ferro e il Marketing”, si mette in evidenza come la costruzione di un mito abbia alimentato un mercato fiorente, caratterizzato da più elementi, che è durato per decenni e che è stato di ispirazione alla nascita di altri prodotti commerciali. Il mito di Braccio di ferro è nato in America in un particolare contesto storico e sociale, ma ha travalicato i tempi e i confini geografici perché evoca meccanismi psicologici universali ed intramontabili.

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Dott.ssa Antonella Buonerba
Docente di Tecniche della comunicazione e relazione


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Dott.ssa Antonella Buonerba Psicologa, Psicoanalista, Prof.ssa di Filosofia e Scienze Umane
Salerno (SA) - Avellino - Napoli

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Iscritta all’Ordine degli psicologi della Campania n. 2635/A dal 25 maggio 2006
Laurea in Psicologia (indirizzo Psicologia clinica e di comunità)

 

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