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La felicità secondo Freud

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La felicità secondo Freud

La felicità secondo Freud

Ne "Il disagio della civiltà" (1930) Freud affronta il tema della felicità dal punto di vista psicoanalitico, inquadrandolo come il tentativo dell'uomo di evitare la sofferenza e di raggiungere una quota di piacere possibile. La ricerca del piacere è data dal principio propulsore del' ES (l' inconscio), mentre l'IO (la coscienza) agisce secondo il principio della realtà, cioè secondo i canoni del vivere civile, e, temendo le limitazioni che la società impone, tende a controllare moti pulsionali inferiori, mediante l'inibizione e la sublimazione.

Quest'ultimo processo è molto importante per lo sviluppo della società e consiste nello scambiare la meta pulsionale di natura sessuale, con una a cui il mondo esterno non pone ostacoli, divieti o censure. Ad esempio il piacere derivante dal lavoro intellettuale, artistico o scientifico, rende indipendenti dal mondo esterno, mentre l’oggetto del piacere è dato dallo stesso processo psichico interno. Allo stesso modo, il godimento di un’opera d’arte o della bellezza della natura costituisce la sostituzione di un desiderio inconscio. Anche la religione, secondo Freud, rappresenta una ricerca di felicità collettiva, dove la soggettività si annulla nei principi di una dottrina.

Il conflitto tra il principio di piacere e il principio di realtà può anche generare nevrosi nelle persone più deboli e psichicamente meno attrezzate. Ma anche mettere al centro della propria vita la ricerca dell’amore, come unica fonte di felicità, espone il soggetto alla sofferenza continua.

Tuttavia l’uomo ha scelto la via della civiltà sia per il desiderio di onnipotenza e onniscienza che lo avrebbe difeso contro la natura, sia per regolare la vita tra gli individui imponendo la rinuncia delle pulsioni individuali per seguire la volontà generale. Così si è consentita la costituzione dei primi nuclei familiari e delle società via via più complesse. Perché, se è vero che l’uomo rinuncia al perseguimento del piacere, Eros, la società cerca di mantenere sotto controllo, con varie forme, anche Thanatos, la spinta aggressiva, la pulsione di morte che porterebbe l’uomo alla distruzione. Con l’introduzione del concetto di narcisismo, Freud afferma che anche l’Io è investito dalla libido, la stessa che, partendo dall’ Es, investe l’oggetto; pertanto le pulsioni dell’ Io che si rivolgono alla realtà sono libidiche, erotizzate, e si oppongono con maggiore forza alla pulsione di morte.

Un’altra entità psichica deputata a tenere a bada Thanatos e il Super- io, individuale e collettivo, è il relativo senso di colpa.

Nello sviluppo psicosessuale dell’individuo, in particolare nella fase edipica, il bambino temendo di perdere l’amore del proprio genitore, (dello stesso sesso), lo introiettata e lo converte in Super io attribuendogli la capacità punitiva per i propri sentimenti aggressivi. Ne deriva il senso di colpa che è l’espressione interna del conflitto tra Eros e Thanatos: Eros con la paura di perdere l’amore, crea la coscienza morale che è anche la valvola di sfogo di Thanatos. Tale contraddizione si riflette anche nella civiltà che è data dalla spinta (di vita) ad allargare la comunità e gli affetti dell’individuo e dalle costrizioni che la società pone per contenere le pulsioni aggressive

“Il disagio della civiltà “è rappresentato dal senso di colpa che si manifesta come una sorta di malessere e di angoscia per aver rinunciato ai desideri pulsionali troppo prorompenti per essere soddisfatti.

In definitiva Freud giunge ad una visione pessimistica del genere umano secondo cui ad ogni progresso della civiltà corrispondente un aumento del senso di colpa e quindi di continua infelicità da parte dell’uomo.

Dott.ssa Antonella Buonerba
Psicologa, Psicoanalista, Prof.ssa di Filosofia e Scienze Umane - Salerno (SA)


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Dott.ssa Antonella Buonerba Psicologa, Psicoanalista, Prof.ssa di Filosofia e Scienze Umane
Salerno (SA) - Avellino - Napoli

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Iscritta all’Ordine degli psicologi della Campania n. 2635/A dal 25 maggio 2006
Laurea in Psicologia (indirizzo Psicologia clinica e di comunità)

 

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